L’agrumicoltura in Calabria è il settore più redditizio per quanto riguarda la frutticoltura. Lo è nonostante i cambiamenti che nel corso del tempo abbiamo imposto ai nostri terreni, alle nostre coltivazioni, alla nostra biodiversità. Abbiamo rinunciato ad alcune varietà per far spazio ad altre, vedi il clementino, ma nello stesso tempo siamo riusciti a fare un passo indietro, guadagnare spazio sul mercato recuperando alcune varietà e sperimentandone di nuove. Per avere un quadro chiaro di come si è arrivati all’agrumicoltura dei giorni nostri e scoprire quali scenari si prospettano per il futuro, abbiamo intervistato un esperto del settore, Benito Scazziota, agronomo e divulgatore agricolo specializzato dell’ARSAC, Azienda Regionale per lo Sviluppo Agricolo in Calabria.
Com’è cambiata l’agrumicoltura in Calabria negli ultimi anni?
Iniziamo col dire che nel periodo post riforma agragria con l’agrumicoltura avevamo una grande presenza sul mercato, di almeno 9 mesi all’anno. Dagli anni ‘80 fino agli anni ‘90 la nostra presenza si è ridotta di circa un terzo con l’avvento delle Clementine. Tutti hanno trapiantato clementine al posto di altre varietà. Il segmento arance, ad esempio, si è molto compresso e quello del mandarino e quasi scomparso.
Siamo passati da un’agrumicoltura integrale, cioè da un’agrumicoltura per tavola e industria ad un’agrumicoltura che si è ridotta al prodotto fresco. Siamo diventati poco appetibili per il mercato, che invece ha gradito l’arancia come frutta salutistica al punto da volerla tutto l’anno. Adesso gli imprenditori calabresi stanno facendo in modo di recuperare la presenza sul mercato e per questo negli ultimi dieci anni si è tornato ad investire in varietà precoci, medie e tardive.
Le clementine la fanno ancora da padrone, ma oltre alle nuove varietà di clementini, a quali agrumi stiamo dando più spazio? Quali sono le novità nella nostra agrumicoltura?
Dal 2010 in poi, ma soprattutto nell’ultimo quinquennio c’è stata la ripresa di due agrumi storici per la Calabria, considerati “reliquati”, il bergamotto, che prima era principalmente usato per l’industria profumiera, base naturale dei più importanti profumi al mondo, e il limone di Rocca Imperiale.
Nella nostra agrumicoltura vediamo questa nuova dinamica di recupero di biodiversità e attenzione alla presenza sul mercato. Tuttavia abbiamo ancora una presenza sul mercato di circa sei mesi e non ancora di nove, perché manca la parte industriale e il post raccolta. Basti pensare che gli agrumi raccolti e tenuti in cella frigo in ambiente controllato possiamo conservarli dalle 8 alle 12 settimane. Il mercato si allarga già due mesi proprio per la capacità degli agrumi di essere conservabili senza perdere la loro capacità nutrizionale.
La novità nella nostra agrumicoltura, è nei sistemi nuovi di “allevamento”. Le tipologie di piante dipendono dal nostro clima e dalle modalità di coltivazione. La maggior parte dell’innovazione è avvenuta con le Clementine per le quali abbiamo varietà che partono da ottobre fino a febbraio. Dal punto di vista delle arance il gruppo Navel ha alcune varietà precoci come il Fukumoto e le nuove selezioni del Navelino, sulle tardive abbiamo il Lane Late e anche il Cara Cara che è un Navel pigmentato. Il Valencia è una delle varietà tradizionali tardive. Da noi alcuni tipi di arance, come il Tarocco, non trovano condizioni pedoclimatiche ideali, perciò abbiamo dovuto spaziare su altre varietà garantendo comunque sei mesi di frutticoltura tradizionale e moderna.
Oltre al cambiamento varietale si sta vedendo un cambiamento della tecnica colturale, quindi?
Sì! C’è bisogno anche di una nuova tipologia di coltivazione. Vediamo molto spesso nella piana di Sibari e di Lamezia alcune coltivazioni di agrumi protetti ossia sotto rete come se fossero un kiwi o uva da tavola con strumenti protettivi che sono sì protettivi contro il clima, ma si riverberano sul colore del frutto, sull’aumento della precocità o tardizia del frutto.Quindi avere una protezione, telo o rete fa sì che il microclima di produzione cambi e questo microclima influisce sulla capacità di anticipare o posticipare la produzione. D’altro canto questo significa anche protezione attiva da un cambiamento climatico che sta facendo sentire la propria pressione sulla produzione.
Quali agrumi abbiamo “aggiunto” alle varietà da sempre coltivate?
Sta prendendo quota un’agrumicoltura anche di tipo tropicale quindi vediamo delle nuove introduzioni soprattutto nelle zone più calde di agrumi che erano considerati floreali e ornamentali come il piccolo mandarino cinese e il finger lime, il caviale agrumicolo. Non c’è ancora una grossa presenza, ma questo ci dimostra come si stia allargando la nostra capacità produttiva.
L’orizzonte varietale è legato ormai all’agroclima delle zone di produzione.